sabato 9 luglio 2011

IL VAMPIRO DI BLACKWOOD - Anne Rice-

IL VAMPIRO DI BLACKWOOD
ANNE RICE

Ed. TEA


Il romanzo ci introduce come nello stile della Rice in un avventura piena di particolari, dettagliatamente e magistralmente descritti.

Abbiamo un ambientazione tipicamente gotica, infatti il nostro protagonista vive in una meson, chiamata Blackwood Manor, in un hermitage nell’isola di Sugar Devil, parte della proprietá di Blackwood.

Tarquin e’ il nostro protagonista, un giovane vampiro,che giá come comune mortale aveva il potere di vedere gli spiriti, erede e signore di Blackwood.

In questa storia vediamo come Anne Rice cerca di sviluppare una unione fra le Cronache dei Vampiri e la saga di Mayfair, presentandoci cosí un giovane ragazzo, che fin dalla culla e’ accompagnato da un suo doppio, che solo lui riesce a vedere, uno spirito, o un fantasma, che una volta diventato vampiro, attacca il nostro Tarquin, ogni volta che Tarquin si nutre di sangue, e che lo spinge quindi a contattare Lestat, per potersene liberare.

La prima impressione che ho avuto appena ho iniziato ad adentrarmi nel romanzo è che inevitabilmente , in qualche modo Goblin( lo spirito), possa essere una trasformazione o un erede di Lasher della saga delle Mayfair, un elemento che mi ha fatto temere una caduta di qualitá del romanzo stesso, ma invece la Rice é riuscita ad evolvere in maniera del tutto inaspettata la storia, facendomi fare un sospiro di sollievo e meravigliandomi, quando ho scoperto chi fosse veramente questo Goblin.

Ci viene descritto quasi immediatamente l’incontro fra Tarquin e Lestat, ed e’ incredibile come il magnetismo di quest’ultimo, persino dove non e’ il protagonista assoluto, rapisce i lettori come me che hanno un particolare attaccmento a questa figura, possiamo dire che si percepisce come quando un attore carismatico entra in scena e soltanto con la presenza incanta il suo pubblico, questo e’ quello che ho provato con l’entrata in scena di Lestat nella storia di Blackwood, il modo in cui la Rice fa entrare Lestat in scena e’ magico sia nella descrizione, che nelle sensazioni che ti fa avere, é vivo attraverso le parole della Rice; ascolta in silenzio, ma lo senti, lasciando la scena al giovane protagonista.

Quin, come viene chiamato spesso nel romanzo, e’ perseguitato dal rimorso di aver fatto qualcosa di terribile, é fin troppo umano persino dopo la trasformazione, con il bisogno di stare fra le persone mortali a lui care, pur sentendosi un mostro,ha bisogno di mantenere quei contatti, e non sente il bisogno di stare fra esseri come lui, é un vampiro solitario come lo é Lestat.

Come in "Blood and Gold" conosciamo la storia di Tarquin attraverso la narrazione che fa della sua vita a Lestat, i dialoghi sono minimi e questo fa scorrere abbastanza bene la lettura. Conosciamo la difficile relazione fra Tarquin e sua madre, descritta in toni molto duri, ed e’ di notevole impatto, l’odio che vediamo da entranbe le parti: Patsy la madre e Tarquin il figlio prediletto e amato da tutti tranne che da lei.

Il disagio di Quin mortale, le sue difficoltá perché diverso dai suoi coetanei, cresciuto in un mondo composto da adulti, con come unico compagno di giochi il suo doppio Goblin, e’ veramente ben descritto e veramente ben definito, infatti ci si puó rivedere i disagi, di un qualsiasi adolescente, e questa e’ la vera forza dei personaggi della Rice, da Lestat a Pandora, vi vediamo le tipiche caratteristiche umane per questo il lettore tende sempre a immedesimarsi con tutto se stesso all’interno della narrazione.

I dubbi e le paure che attraversano la mente di un adolescente che vive in stretto contatto con gli spiriti, la sua ricerca della sessualitá, ed il suo ammettere la sua bisessualitá, durante la narrazione, rende il personaggio davvero vicino alla realtá e non un carattere puramente derivato e nato dalla e per una fiction.


Come in ogni romanzo la descrizione del paesaggio, degli abiti e persino le varie espressioni del volto, e’ molto accurata, per questo non mi stancheró mai di ripetere che ogni storia scritta dalla Rice prende vita sotto gli occhi del lettore, ed e’ il lettore che viene catapultato in quella dimensione dalla quale e’ molto difficile staccarsi, se non chiudendo il libro.

Andando avanti con la descrizione dei personaggi troviamo Zia Queen: una figura alla quale ci affezioniamo immediatamente con lo stesso carisma di Lestat, prende vita durante la lettura e come Lestat e’ veramente molto solida come immagine che sembra uscire dalle pagine e materiallizzarsi davati ai tuoi occhi.

Petronia e’ un altro personaggio che mi ha molto affascinato e che mi sarebbe piaciuto vedere approfondire a parte, la sua ambiguitá sessuale ed il suo forte carattere maschile, come la fragilitá femminile appaiono molto ben amalgamate, rendendola molto affascinante.
La dolce Mona Mayfair, e’ un personaggio che come Petronia avrei voluto vedere approfondito a parte una volta arrivata alla fine di Blackwood Farm.

I capitoli centrali del romanzo, sono un pó lenti, ma i primi e gli ultimi capitoli mi hanno molto coinvolto, anche se ho avuto l’impressione che il finale é stato scritto in modo un pó affrettato,senza molti particolari , come invece vediamo durante lo svolgimento della storia, e l’ho trovato un pó strano confrontando gli altri libri della Rice che ho letto. Da un lato, questo finale ”brusco” lascia molte cose in sospeso, quindi libertá alla fantasia di immaginare come le cose andranno, ma da un altro lato sembra stroncare nettamente la fluiditá della storia. Per concludere, non e' uno dei miei libri preferiti, ma adoro lo stile della Rice, il suo modo di scrivere, il modo che ha di dare vita ad ogni sua creatura, e non mi stancheró mai di leggere le sue storie.

Diana Mistera 2010




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